A Bologna abbiamo un problema, e non è l'abusivismo

Alcune settimane fa, ricevevamo notifica da parte della Città Metropolitana di Bologna dell’inizio di un’importante campagna di sensibilizzazione contro l’abusivismo turistico, denominata “STOP Guide Abusive”, a firma Confguide, Confcommercio Ascom Bologna e sostenuta da Comune, Territorio Turistico Bologna-Modena, Tper e Bologna Welcome. L’iniziativa avrebbe – usiamo il condizionale – l’ambizioso obiettivo di informare il turista sulle conseguenze di una scelta sconsiderata, ovvero rivolgersi a personale non abilitato per svolgere una visita guidata in città, tramite la stampa di 500 volantini e allestimento di infopoint in giro per la città. Nello stesso periodo, fece scalpore la notizia che, a Bergamo, veniva multata una professoressa in pensione perché, senza averne le qualifiche, accompagnava un gruppo facente parte di un’associazione in visita alla cità. Se da un lato, l’abusivismo è una cosa seria, che lede sia il professionista che il turista, e come tale va trattata; dall’altro, non possiamo aspettarci che iniziative di tale portata possano sortire alcun effetto. Mi auguro siamo tutti d’accordo che il problema non è la professoressa in pensione – alla quale va la nostra vicinanza. L’iniziativa bolognese infatti omette dettagli importanti che ci aiuterebbero a meglio focalizzare una questione ben più complessa. 

Facciamo un passo indietro. Forse non tutti sanno che, in Italia, per accompagnare gruppi in visita è necessario essere abilitati alla professione, ovvero aver ottenuto una qualifica e conseguente licenza come guida turistica e/o accompagnatore turistico. Tralasciamo qua l’annosa questione della differenza tra le due figure, che necessiterebbe di un capitolo a parte, e focalizziamoci sulla prima. Ad oggi non esiste una legge nazionale che inquadri la professione ma sono le Regioni gli organi competenti in materia; ne risulta un mosaico legislativo che invece di semplificare fa l’esatto opposto. Ritrovarsi in questo dedalo di leggi e regolamenti non è cosa facile. Infatti molti ci inciampano oppure, meglio, lo scavalcano. Negli ultimi anni, con l’implosione turistica di molte città italiane – caso emblematico è la città di Bologna, la richiesta di servizi turistici è aumentata enormemente, così come si sono diversificate le modalità di offerta. L’enorme domanda non è riuscita ad essere completamente assorbita dai circuiti ‘tradizionali’; vuoi per miopia, vuoi per mancanza di visione e capacità, vuoi perché le richieste erano oggettivamente troppe. Di conseguenza è nato un sottobosco di soggetti più o meno qualificati che ha colmato tale lacuna. Dopo la ‘pausa’ che l’emergenza Covid ha imposto, sottolineando e acuendo le criticità di un settore già impreparato all’accoglienza, quest’anno gli arrivi dovrebbero nuovamente tornare ai livelli del 2019 se non addirittura superarli. Bologna – ma potremmo tranquillamente estendere il caso ad altre città italiane – ci arriva totalmente impreparata, con un sistema di accoglienza frammentato e votato alla quantità più che alla qualità: molte strutture ricettive chiuse durante la pandemia non hanno più aperto e molti professionisti del settore hanno trovato impiego presso lidi più sicuri. L’abusivismo non è cosa di oggi ma è da sempre presente in tutti gli strati del settore, a volte, quando fa comodo, tollerato se non addirittura sponsorizzato dalle istituzioni. Eppure, non si capisce come, a fronte dei 3500 posti di lavoro persi (dati Ascom Bologna) a causa degli abusivi, pochissime guide senza regolare abilitazione vengano segnalate.  O non si sa dove guardare, o il problema è ingigantito. La verità, come sempre, sta nel mezzo. Sono molteplici le piattaforme, principalmente internazionali, che offrono servizi realizzati da soggetti non sempre titolati a farlo: Guruwalk.com, Freetour.com, Tourscanner.com e la stessa Airbnb sono solo alcune delle tante. Per scoprirlo basterebbe poco, visto che nomi, orari e luoghi di ritrovo sono pubblici. All’azione si preferiscono i proclami. La campagna però omette un dato fondamentale per comprendere il problema: la persona che sottrae lavoro alla guida turistica, l’abusivo per intenderci, non può non aver superato l’esame da guida turistica perché l’esame non esiste. Già! Nella sola Emilia Romagna i corsi e gli esami per l’abilitazione alla professione sono chiusi dal 2016. Oggi, una persona che vuole diventare guida turistica semplicemente non può, a meno che non decida di andare a seguire un corso in Romania (e c’è chi l’ha fatto pur di ottenere il titolo). In questo modo, il meccanismo stesso pensato per tutelare la professione, l’esame di abilitazione, agisce al contrario: crea il terreno ideale perché attecchisca l’abusivismo. Non è il lavoro a mancare, anzi; sono le guide turistiche. Basta dare un occhio agli albi provinciali per rendersi conto del gap: delle centinaia di iscritti, meno della metà professa – molti lo tengono come lavoro occasionale – e la maggior parte si trova in seconda età adulta se non addirittura in terza. Da quando è stata introdotta l’abilitazione non c’è stato turn over o ricambio generazionale: oggi trovare una guidaturistica sotto i 30 anni è praticamente impossibile. Non a caso, molti dei profili che si trovano sulle piattaformeesperienziali sono profili giovani. A guadagnarci da questa situazione sono in pochi, e sempre gli stessi. Sicuramente non noi, piccole realtà associative e imprenditoriali, tour operator, intermediari, agenzie, piattaforme web, costretti a gareggiare per chi si accaparra prima una guida per il servizio, in equilibrio tratariffe che aumentano se la domanda di un servizio supera l'offerta, i fornitori aumentano il prezzo, è il mercato baby – e prezzi competitivi per rimanere sulla piazza. La tentazione di passare dall’altra parte è tanta. Per essere efficace, la lotta all’abusivismo deve essere accompagnata da una piena garanzia di accesso alla professione di guida turistica, che oggi è totalmente negata. Altrimenti è una lotta persa, perché troverà sempre meno alleati. Noi per primi. Ci appelliamo alle associazioni di categoria, alle istituzioni, al Comune di Bologna, alla Città Metropolitana, a Mattia Santori, delegato per il Turismo, affinchè affrontino il problema in tutta la sua complessità. C’è bisogno di una nuova cultura dell’accoglienza.  

Previous article Make yourself a gift
Next article CHIAROSCURO, percorsi di comunità

Leave a comment

* Required fields